In mancanza di interventi, un 2019 di stagnazione per l’auto in europa
In settembre nell’area dell’Unione Europea e dell’Efta (Islanda, Norvegia e Svizzera) sono state immatricolate 1.285.494 autovetture con un incremento del 14,4% sullo stesso mese del 2018. Questa crescita a due cifre non deve trarre in inganno. E’ dovuta infatti alla circostanza che il confronto si fa con un settembre 2018 che aveva fatto registrare un numero di vendite particolarmente basso per effetto di una corsa alle immatricolazioni nell’agosto precedente. Questa corsa, come precisa il Centro Studi Promotor, era stata dovuta all’entrata in vigore dal 1° settembre 2018 del nuovo sistema di omologazione WLTP che aveva determinato nell’agosto precedente una forte spinta per vendere auto non in regola con questa nuova normativa.
Al di là della distorsione statistica che ha spinto verso l’alto il dato di settembre, la situazione del mercato automobilistico dell’area è correttamente interpretabile facendo riferimento ai risultati del primi nove mesi, cioè del periodo gennaio-settembre. In questo arco temporale nell’area UE+Efta sono state immatricolate 12.115.927 autovetture con un calo dell’1,6% rispetto al dato dello stesso periodo del 2018. Il mercato europeo dell’auto non è quindi in buona saluta come lascerebbe pensare il dato di settembre, ma è in sostanziale stagnazione in coerenza con l’andamento della congiuntura economica non soddisfacente nell’intera area ed anche di particolari situazioni come la Brexit per il Regno Unito e la demonizzazione del diesel per tutti i mercati interessati dal fenomeno.
A conferma della delicatezza della situazione del mercato dell’auto nell’area UE+Efta vi è il fatto che dei 31 mercati nazionali che ne fanno parte ben 16 sono in calo mentre gli altri sono in crescita, ma di questi soltanto quattro piccoli mercati crescono con tassi a due cifre (Lituania, Romania, Grecia e Ungheria). Anche il complesso dei cinque maggiori mercati dell’area, che assorbono il 71,6% delle immatricolazioni, è in calo (-1,2%). Soltanto la Germania fa registrare una crescita, peraltro modesta (+2,5%), mentre gli altri quattro grandi paesi hanno tutti bilanci in rosso. In Germania le ragioni della tenuta del mercato vanno ricercate soprattutto nella sostanziale stabilità dell’economia di questo paese (che tuttavia accusa qualche difficoltà) e nel fatto che dalla domanda di vetture diesel, dopo un crollo che aveva portato la loro quota a scendere fino al 32%, vengono segnali di ripresa. Il secondo dei cinque grandi mercati, quello del Regno Unito, è invece in calo del 2,5% essenzialmente per le incertezze legate alla Brexit. Difficoltà maggiori si registrano in Spagna (-7,4%), mentre Francia e Italia accusano contrazioni contenute tra l’1 e il 2%.
In sintesi, secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, il mercato europeo dell’auto non è in crisi, ma non gode certo di buona salute e in molti paesi, tra cui l’Italia, vi è un forte contingente di domanda di sostituzione insoddisfatta e il parco circolante continua ad invecchiare con conseguenze negative sull’ambiente e sulla sicurezza. Sarebbe quindi altamente opportuno che, anche in vista del processo di decarbonizzazione della mobilità in cui la maggior parte dei paesi dichiara di volersi impegnare, si varasse una politica, possibilmente concordata a livello europeo, per incidere subito sul quadro ambientale rivedendo le politiche di penalizzazione del diesel che stanno determinando un aumento della quota delle auto a benzina, e di conseguenza delle emissioni di CO2, e per varare incentivi alla rottamazione delle auto più vecchie con vetture meno inquinanti, non solo nuove ma anche usate.
Fonte: Centro Studi Promotor
16 Ottobre 2019