Continua e si accentua il crollo delle immatricolazioni in aprile (-97,55%)
In aprile sono state immatricolate in Italia 4.279 autovetture con un calo del 97,55% sullo stesso mese del 2019. Se si considera che le immatricolazioni di aprile valgono circa il 9% di quelle di un intero anno, proiettando il dato dell’aprile scorso su un intero anno si ottiene un volume di immatricolazioni analogo a quello del 1949 quando le immatricolazioni furono 48.883. Ovviamente il risultato dell’aprile scorso, come quello di marzo (-85,42%), è dovuto all’emergenza coronavirus.
Le concessionarie hanno riaperto oggi, ma il cammino da percorrere per ritornare alla normalità è lungo ed accidentato, come emerge chiaramente anche dal clima di fiducia degli operatori del settore auto determinato dal Centro Studi Promotor. Questo indicatore è crollato infatti da quota 33,3 di gennaio a quota 3,6 di aprile. La forte contrazione del Pil già registrata nel primo trimestre 2020 (-4,7%) e le prospettive negative per il resto dell’anno rendono il recupero del settore auto problematico anche se un piccolo supporto alla domanda può venire dal fatto che la gente ha capito che il mezzo di trasporto più sicuro per limitare il contagio è l’automobile privata. Per tornare alla normalità – secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi promotor - ci vuole però una terapia d’urto come emerge anche a livello europeo. Di grande interesse è infatti l’apertura all’adozione di incentivi alla rottamazione, anche con l’acquisto di vetture nuove ad alimentazione tradizionale, da parte del vicepresidente della Commissione europea e commissario per il clima Frans Timmermans. E’ evidente, infatti, che una campagna incisiva di rottamazione oggi non può riguardare soltanto la sostituzione di vecchie auto con vetture ad emissione zero perché non esistono al momento le condizioni per una diffusione immediata su vasta scala di auto elettriche.
Una rottamazione in grado di dare slancio al settore dell’auto (e all’economia) deve quindi prevedere la sostituzione di vecchie auto, oltre che con modelli ad emissioni zero o molto basse, anche con vetture Euro 6 d ad alimentazione tradizionale. Rifiutare una soluzione di questo tipo per ragioni ideologiche è una grave colpa nei confronti della gente fortemente provata dall’emergenza oltre che delle ragioni dell’economia. Tra l’altro l’Italia - sottolinea Quagliano - ha al suo attivo una precedente esperienza di incentivi alla rottamazione molto efficace: quella del 1997 quando chi rottamava una vettura di oltre 10 anni e acquistava una nuova auto riceveva un bonus dallo Stato che veniva poi raddoppiato con un bonus di pari entità obbligatoriamente riconosciuto dal venditore. I risultati furono un incremento delle immatricolazioni del 38,8% già nel 1997 e un maggior gettito per l’Erario dovuto al fatto che l’Iva incassata sulle auto vendute in più con gli incentivi compensava ampiamente il costo dei bonus statali. A tutto questo si aggiunse inoltre una crescita del Pil di 0,4 punti percentuali certificata dalla Banca d’Italia.
E non si deve sottovalutare che, adottando una formula analoga a quella del 1997, vi sarebbero non solo un impatto fortemente positivo per l’ambiente, ma anche risultati importanti per la sicurezza stradale, che è fortemente correlata all’anzianità media delle auto circolanti. Basti pensare che l’Italia, con un’anzianità media del parco circolante di 11 anni e 6 mesi, ha una mortalità per incidente stradale di 55 persone all’anno per milione di abitante, mentre nel Regno Unito, dove l’età media del parco circolante è di 8 anni, il dato corrispondente è di 27,5 morti all’anno per milione di abitanti.